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Cos’è il Burn Out?
Il burnout è quel punto in cui la persona crolla, crolla fisicamente, crolla psicologicamente e si blocca completamente.
Proprio non riesce più ad andare avanti, pur magari volendolo, anche se solitamente la sensazione è proprio quella di perdere qualsiasi tipo di interesse, qualsiasi tipo di motivazione.
E chiaramente ha anche degli aspetti depressivi, anche se lo stato comunque è diverso dal alcuni tipi di depressione e soprattutto diversa l’origine del fenomeno.
Il Burn out è il culmine di un processo che può durare tantissimo tempo. Infatti, è l’accumulo di un sovraccarico costante che si autoalimenta.
Cosa significa che si autoalimenta?
Significa che la persona inizia ad aggiungere attività, aggiungendo attività inizia a perdere lucidità, perdendo lucidità continua ad aggiungere attività e inizia a perdere colpi anche sulle attività che stava seguendo.
In questo caso si rallenta tutto. Il lavoro inizia ad essere tutto disorganizzato, sempre più faticoso. Le energie iniziano a scendere e quindi tutto viene fatto male.
E si perde così la passione, il senso. Fino a quando a un certo punto c’è lo schioppo.
Lo schioppo avviene quando la persona sostanzialmente che non si rendeva conto, quindi è anche una perdita di presenza e di consapevolezza rispetto a sé stesso, subisce un contraccolpo inequivocabile.
Realizza che stava andando avanti per inerzia, sostanzialmente non riesce più a muoversi e ad andare avanti.
Ovviamente ci possono essere anche problematiche di natura fisica. Quindi il corpo può risentire di questa situazione e quindi è veramente una cosa da cui proteggersi.
E’ proprio la fine che fa la rana bollita, che si accorge che l’acqua in cui era immersa inizia a bollire quando è troppo tardi per salvarsi e non scottarsi.
Infatti la cultura che spinge ad uscire fuori dalla zona di Comfort cerca di in realtà di promuovere il burn out con aforismi del tipo “Lavora dopo che hai finito di lavorare”, “rimani sveglio tutta la notte”, “alzati alle quattro di mattina” e “devi fare azioni massicce per riuscire ad avere il successo”.
Insomma, si crea una tensione tale per cui la persona è ossessionata proprio dall’attività lavorativa.
Ovviamente ci sono tante altre motivazioni che vanno a confluire sul perché una persona può sovraccaricarasi.
Ad esempio potrebbe essere in una dimensione di sacrificio, cioè le persone che hanno come principio guida il sacrificio di loro stesse.
Questo capita spesso nelle professioni di aiuto, ad esempio, in cui la persona mette avanti i bisogni degli altri rispetto ai suoi, quindi.
I propri bisogni vengono messi in secondo piano e in questo modo non ci si prende cura di sè fino a quando non si è più in grado nemmeno di prendersi cura degli altri.
E anche se sembrano due dimensioni un pò diverse, quella di uscire da zone di comfort, quella del sacrificio, in realtà possono anche andare a braccetto, nel senso che io potrei sostenere il mio sacrificio, anche aggiungendo il fatto che va bene perché mi devo spingere al di là dei miei limiti, sennò sono una pippa.
Quindi le due cose sì si legano e ci potrebbero essere anche altre motivazioni, altri percorsi che portano al sovraccarico.
Ad esempio, l’invisibilità, il timore di essere invisibili, il timore di non raggiungere risultati può portare a una corsa frenetica, nel tentativo di rimanere a galla, di non restare indietro e quindi di mantenersi in attività, sforzarsi e sforzarsi di agire sperando appunto di non rimanere indietro.
Quindi una leva di paura che porta le persone a spingersi oltre le proprie possibilità. E questo fatto e sicuramente supportato da una percezione del rischio errata.
Cioè le persone prese anche da tutta questa frenesia, prese dall’obiettivo di raggiungere successi o di non fallire, sostanzialmente si dimenticano della propria salute non gliene frega quasi niente, oppure pensano di poter spingere così tanto, tant’è che si abusa di energy drink, le bevande energetiche di ogni tipo e altri prodotti per tenersi in vita, quando invece il corpo sta dicendo che avrebbe bisogno di altro.
Questo dimostra come la nostra mente vorrebbe spingere il nostro corpo anche quando il corpo ci sta dicendo che che non è proprio felice del trattamento che riceve e che, forse, per procedere a lungo termine, questa logica non può essere sostenibile.
Un altro elemento che porta a sottostimare il rischio e a non rendersi conto dei pericoli che si corrono è quello del del fattore età.
Abbiamo detto che il burn out è l’esito di un processo che può durare anni prima di manifestarsi in tutti i suoi effetti.
Immaginiamo una persona che inizia la carriera abbastanza giovane.
Il livello di energia di salute c’è. Il corpo ancora ha una risposta reattiva molto più potente, la capacità di assimilare e metabolizzare è maggiore di quella che sarà negli anni successivi fisiologicamente.
Se ci si confronta, quindi, se il parametro utilizzato per poter dire “riesco a sostenere questo peso” rimane settato sul parametro di quando avevamo 25- 30 anni, senza renderti conto, senza consapevolezza, che i cambiamenti del nostro corpo, delle risposte e di tutto l’accumulo di tossine che abbiamo acquisito nel lavoro, quindi la stanchezza e così via.
Adesso si abbina anche, diciamo, la caduta di performance, che è l’usura del nostro organismo mal-trattato.
Ma se io utilizzo quel parametro sottostimo il rischio che corro. E questo può sembrare banale.
Ma se non c’è una propriocezione, non c’è una percezione di sé stessi aggiornata, Quindi non abbiamo fatto l’update di questa nostro cambiamento, chiaramente i parametri saranno sballati e quindi non ci renderemo conto di prenderci carico di attività che non siamo in grado di portare avanti.
Valuteremo noi stessi senza renderci conto. Ed è anche questa un’altra delle cause che porta al all’esaurimento. E per quanto ci si possa riprendere dall’esaurimento questo articolo sarebbe anche l’invito a osservare il fantasma del futuro di Dickens, l’avvertimento del dire:
“Guarda che potresti andare a finire così, iniziamo a rimettere davanti la salute prima di tutto, anche a discapito di potenziali risultati di successo o cose del genere che non avrebbero senso se si va a perdere non solo la salute fisica, ma il piacere di quello che si sta svolgendo”.
E noi sappiamo bene come il piacere venga messo spesso in secondo piano. Questo è un pò il problema, mentre la teoria che io ho impostato in relazione alla strategia Quietmood mette il principio del piacere al primo posto come guida per la nostra esistenza.
Quindi se ti rendi conto che ti stai sovraccaricando e quindi ti stai forzando e sei in ascolto di te stesso, fare un passo indietro è bene, iniziare ad ascoltarsi e capire di cosa abbiamo bisogno per poter fare questo passo indietro.
Spesso è difficile fare il passo indietro a causa di conflitti che non riusciamo a risolvere. Sono troppo angoscianti e faticosi.
Quindi mettersi davanti a questi conflitti e non avere gli strumenti per snodarli, chiaramente ci porta a preferire la forzatura. Che poi ci porterà al burn out.
Quindi iniziare a identificare questi conflitti senza la pretesa di doverli risolvere, ma pianificando una loro risoluzione, acquisendo le risorse e facendosi seguire per risolvere questi conflitti e sopratutto anche per identificarli, perché molte volte non sono assolutamente chiari.
Sicuramente è la strada per riuscire a rimettersi sul binario della propria soddisfazione personale, per poter realizzare tutto quello che vuoi nel modo più comodo e naturale per te, come dice appunto il sottotitolo del mio libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE 🙂
Stay cushy, not pushy !
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La guida per la tua evoluzione comoda. Sono Psicologo-Psicoterapeuta, Trainer-Coach. Ideatore della Strategia Quietmood. Direttore del centro Quietmood di Bologna e direttore della collana BINARIO| libri x evolversi della Dario Flaccovio Editore. Autore del libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE, Flaccovio Editore, 2022
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