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avvertenza: vuoi lavorare più felice e motivato? Leggi anche se sei un dipendente e magari fallo leggere al tuo capo 🙂
Molte volte ti sarai chiesto come poter stimolare o incentivare i tuoi dipendenti a lavorare di più e meglio, a raggiungere i risultati di profitto che ti prefiggi.
Solitamente a questa domanda le persone pensano che per stimolare a lavorare servano incentivi economici, promozioni, punizioni, richiami, discorsi motivazionali e così via.
Ma la verità è che nulla di questo funziona veramente, se non parzialmente. Mi spiego.
E’ ovvio che lo stipendio debba essere calibrato correttamente, sia in termini economici che di benefit di vario tipo che possano corrispondere ad un interesse reale dei propri dipendenti.
Quando sei un bambino piccolo, quando non ti è possibile ricevere l’affetto e il riconoscimento che vorresti dai tuoi genitori, piano piano ti inizia a rassegnare e ti accontenti di avere giocattoli a raffica e di quelli non sei mai sazio, perchè i giocattoli non possono sostituire l’affetto incondizionato di un genitore.
Diventa quasi una sorta di richiesta di risarcimento alla privazione di affetto.
Questo ci porta a constatare un dato di fatto evidente:
i tuoi dipendenti sono esseri umani. Se non sono auto-motivati a lavorare significa che non li stai trattando come tali.
Anche se la maggior parte degli esseri umani non ci ha capito nulla dell’essere umano, diciamo che alcune cosette, con un pò di buon senso, sono abbastanza Basic e credo ci possa arrivare chiunque con un minimo di riflessione.
Magari vorremmo che le cose fossero diverse, ma la realtà è questa.
Secondo il Global Workplace Report, una ricerca finalizzata a misurare la soddisfazione dei lavoratori dipendenti, condotta ogni anno da Gallup, uno dei più importanti centri al mondo di sondaggi e indagini statistiche, oltre la metà degli intervistati (59%) afferma di aver provato stress nella giornata precedente, il 56% preoccupazione, il 33% perfino dolore e il 31% rabbia, mentre solo il 21% dichiara di essersi sentito coinvolto nel lavoro.
Un quadro ancora più sconfortante se si considera che più della metà (60%) dice di limitarsi a fare lo stretto necessario, mentre il 19% riversa la propria insoddisfazione sul lavoro, a danno anche dei colleghi.
Inoltre i livelli di stress del 2022 hanno segnato un nuovo record ! Che culo !!!
In Europa il fattore principale di insoddisfazione è un mancato coinvolgimento nel lavoro (solo il 14% degli intervistati si dichiara coinvolto, il dato più basso al mondo), mentre il 60% dei lavoratori chiamati a rispondere denuncia una corruzione radicata nel proprio Paese.
A proposito di questo punto, direi che è naturale che circolino battute come quella dell’immagine qui sotto, che già da sè spiega molto bene il perchè del tasso elevato di disinteresse del dipendete:
La vera domanda che dovresti porti è:
Perchè questa persona dovrebbe lavorare come desidero io spontaneamente?
Secondo la logica della strategia Quietmood, se qualcosa non va spontaneamente come vorresti, significa che il contesto non genera quelle risposte automatiche ma altre indesiderate.
In questo caso quindi cerchiamo di attivare la motivazione intrinseca di chi lavora per te.
Quale contesto e quali condizioni generano automaticamente una dedizione al lavoro ottimale?
Fin da quando siamo bambini c’è un unico fattore che determina le risposte positive di una persona:
LA RELAZIONE che c’è tra te è una persona.
Se a scuola andavi bene in una materia, molto probabilmente andavi d’accordo con il professore, quel professore ti piaceva e ti trasmetteva comprensione, accettazione e amore.
Del resto LA RELAZIONE è il fattore trasversale che molti studi hanno indicato come l’elemento che accomuna i successi psicoterapeutici di approcci diversi.
Le ricerche rispondevano alla domanda: cosa ha determinato la “cura” del problema del paziente?
Al di là delle diverse tecniche dei diversi approcci, il fattore dominante era la relazione che si instaurava tra paziente e terapeuta a generare una sorta di effetto placebo.
Che ci tengo a sottolineare non significa:
“ah ti eri inventato tutto con la suggestione e ti è passato perchè hai smesso di fingere”
ma bensì riguarda l’attivazione delle naturali risorse della persona in direzione del suo benessere, il contrario delle malattie auto-immuni o dell’auto-sabotaggio.
Da ciò deduciamo che tutte le condizioni che facilitano la costruzione di relazioni positive e autentiche tra dipendenti e te che sei il capo, fanno si che il personale si senta coinvolto all’interno dell’attività e il suo impegno sarà spontaneo e naturale.
Qual è il problema di applicazione di questa soluzione?
Mentre le tecniche fondate sul bastone e la carota si possono attuare meccanicamente, mentre fingi di tenerci, la buona relazione nasce da un genuino interesse per l’altro, che non è possibile simulare.
Come fare a provare genuino interesse per l’altro?
Lo so, non lo insegnano. Ci insegnano a competere con l’altro, a prevaricare l’altro, a sfruttare l’altro, a dominare l’altro e cosi via, ma non sia mai insegnare ad avere interesse genuino per l’altro.
Che brutta parolaccia l’interesse disinteressato per l’altro !!! Una bestemmia per questa società (se te lo stai chiedendo, adoro gli ossimori).
Il segreto segretissimo per creare buone relazioni e per provare un interesse disinteressato per l’altro è che….. ta-da…….. ti piacciano gli esseri umani in generale e poi nello specifico quei particolari esseri umani con cui hai a che fare.
Questo significa che nutri e provi sentimenti positivi nei loro confronti e desideri sinceramente il loro specifico bene, come entità uniche, e non in base a ciò che dovrebbero apprezzare secondo te.
Come alcune volte capita in questi articoli, mentre scrivo inizio a provare imbarazzo per il fatto di rendermi conto che sto scrivendo delle ovvietà che purtroppo non sono per niente ovvie.
Spesso ci sono tanti fattori che ti allontanano dal legame con gli altri, che affondano le radici nella tua storia personale, vissuta all’interno di questa società che condividiamo.
In superficie, una causa di ciò sicuramente è quella di essere accecato dai cazzi tuoi 🙂 (lo dico benevolmente sia chiaro)
Una persona che ha problemi suoi ed è focalizzato come un toro sul mantello rosso, non riesce che a vedere se non ciò che preme a lui e così non riesce a vedere chi ha di fronte.
Ma in questo modo non ti rendi conto che la soluzione ai tuoi problemi consiste proprio nel vedere chi hai di fronte.
Questo è un pò la spiegazione del perchè viviamo l’inferno sulla terra. Un inferno fatto di egocentrismo, dove ognuno è focalizzato sui suoi interessi.
Bisogna rendersi conto che la chiave del benessere è l’interdipendenza. Interdipendenza e dominio non vanno tanto d’accordo come concetti, cozzano un pochino.
L’intedipendenza richiede un ascolto reciproco profondo.
Il dominio è fondato sul controllo, che garantisce più rapidità, meno sbattimento sia emotivo che pratico, richiede “solo” di avere più potere e utilizzarlo al fine di rendere esseri umani più simili ai robot, mentre attendi con ansia la costruzione di robot che sostituiscano gli uomini.
Per ora purtroppo gli umani ancora sostituiscono i robot in molte mansioni (leggi bene: quello che sto dicendo è che non sono i robot a rubare il lavoro agli umani, ma viceversa).
A questo punto la domanda iniziale può essere riformulata biforcandosi su due strade opposte.
E tu devi decidere per quale domanda vuoi veramente avere la risposta:
1. come fare a manipolare delle persone e a piegarle al proprio volere rendendole più simili ai robot?
Su questo fronte purtroppo non posso darti molte dritte, non perchè non conosca la manipolazione, ma perchè sicuramente ci sono dei maestri superiori che possono insegnarti la via oscura.
2. come costruire rapporti di affinità costruttiva e mettere le persone nel posto più adatto a loro?
La risposta l’ho data nei paragrafi precedenti: relazione costruita sulla base di un ascolto profondo. Questa strada talvolta fa miracoli anche con le apparenti “mele marce” 🙂
L’ascolto profondo è una competenza che andrebbe insegnata nelle scuole, ma per ora ahimè, ti tocca chiamare me 🙂
Se hai la possibilità di lavorare molto bene sulla selezione del personale, ti spianerai la strada successivamente, senza dover cercare di trasformare o tirare fuori dal piombo l’oro.
Questo ha senso solo se l’intento è quello di costruire un ambiente dove una persona vuole rimanere, dove è bello restare e dove il modo di restare e a cui appartenere è quello di contribuire, alimentando un circolo virtuoso in cui l’impegno di uno promuove l’impegno dell’altro, non in chiave competitiva, ma nell’ottica delle emozioni positive suscitate dall’agire per il bene del gruppo, della reciprocità e dell’interdipendenza.
La crescita dell’azienda va di pari passo con la crescita del dipendente, che non significa necessariamente espansione folle.
Belle parole contraddette dai fatti? Dipende da te, mica da me, l’attività è la tua 🙂
Mi auguro che tu vada in questa seconda direzione, se non fosse anche solo per una questione di vantaggio personale pratico, perchè altrimenti rischieresti di andarti a costruire una trappola ancora più complessa in cui rimanere incastrato.
Ti assicuro che creare una realtà che segua questa direttiva garantisce maggiore felicità e soddisfazione sul lungo termine e un maggior senso di significato e di valore di quello che fai.
Probabilmente dopo una fase di lentezza, genererà più velocità e produttività, perchè il business corre alla velocità della fiducia, come diceva il buon Stephen Covey.
E la fiducia non richiede controllo.
Se vuoi sottoporre qualche questione particolare che rientra nella casistica “demotivazione dipendente/problemi di comunicazione” ti ascolto (profondamente) e magari apriamo una nuova rubrica 🙂
Come sempre stay cushy, not pushy !
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La guida per la tua evoluzione comoda. Sono Psicologo-Psicoterapeuta, Trainer-Coach. Ideatore della Strategia Quietmood. Direttore del centro Quietmood di Bologna e direttore della collana BINARIO| libri x evolversi della Dario Flaccovio Editore. Autore del libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE, Flaccovio Editore, 2022
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