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Ci sono aziende di successo, successo enorme in termini di profitti e margini, gestite egregiamente dal punto di vista marketing e finanziario.
Ma come sono messe dal punto di vista del benessere?
Voi direte che i CEO e i dirigenti staranno senz’altro bene, forse i dipendenti non altrettanto, soprattutto quelli in fondo alla catena.
Ma sinceramente io non sarei sicuro neanche che quelli ai livelli alti se la passino poi così bene.
Troppe volte sento portare avanti il tormentone che il vero imprenditore è un uomo di passione, con una carica fuori dal comune che vuole spaccare il mondo, con l’energia per sollevare l’universo, sempre a caccia di nuove sfide e la forza di assumersi enormi e sempre crescenti responsabilità.
E se non sei così non sei un vero imprenditore.
Si, esattamente come se non ti inginocchi allora sei razzista (mi riferisco ai giocatori della nazionale che nel corso dell’europeo giocato quest’estate, non si sono inginocchiati prima della partita e per questo sono stati criticati).
Lusinghiero, no?
Ma a me sembra anche una bella presa per il culo per giustificare ed edulcorare l’inferno dove ti sei andato a ficcare con lo scopo di farti sprofondare ancora più in fondo in questo inferno, caricandoti economicamente e a livello di lavoro di un ennesimo servizio acquistato da chi tanto amorevolmente ti stava consolando (o pompando l’ego).
Ora, è chiaro che per fare l’imprenditore, è altamente consigliato non essere pirla, proprio perchè bisogna muoversi bene tra tante attività e possedere tante competenze. Possibilmente possederle prima di aprire (ehm…).
Ma lo stesso dovrebbe valere per tutti i lavori, svolgerli con passione e vocazione. Dovrebbe essere l’eccezione e non la regola e smetterla di prendersi in giro, continuando a fare qualcosa solo perchè ricevi approvazione dalle persone che ti circondano.
Quanti medici sono usciti fuori, dopo che svariate serie TV alla Dr House, E.R., Grey’s anatomy hanno portato alla ribalta questa figura, donandogli ancora più prestigio di quanto già non avesse?
E quanti di questi aspiranti dottori hanno veramente la vocazione o la struttura e le doti, ma che dico, la consapevolezza di cosa li attende nella realtà del mondo del lavoro e si lanciano come incoscienti verso la trappola che li attende completamente impreparati?
Per quanto posso dire approssimativamente dal punto di vista statistico, sarei ottimista e molto soddisfatto se corrispondesse al 10% di loro.
Il problema è che se segui una carriera sulla scia del prestigio sociale, finirai per trovarti fuori dalla tua zona di comfort, dove rendi di meno con più difficoltà e stress, ma soprattutto sei frustrato e insoddisfatto.
Mollerai o schiatterai. Queste sono le favolose alternative.
Allora io mi chiedo:
Che senso ha fare impresa se poi devi vivere male o, ancora peggio, smettere di vivere?
Se pure dietro ci fosse un fine etico, una missione a cui credi fortemente, che senso avrebbe se lavorare nell’azienda e per l’azienda portasse sofferenza nella tua vita e in quella di altri o se non fossi più in grado di portarla avanti perchè distrutto? E le persone intorno a te, che sgobbano nella tua azienda condividono la stessa missione come te, oppure sono strumenti per un fine più grande nella tua testa?
Se si ammalano o si esauriscono, li cambi come pile?
Negli ultimi anni la formazione imprenditoriale più illuminata rispetto al mercato italiano, ha portato alla ribalta il concetto di azienda marketing first. Prima di vedere di cosa parliamo con l’espressione azienda Health first, chiediamoci:
Cosa si intende per azienda marketing first?
L’azienda marketing first è un’azienda che dal punto di vista strategico, organizza le sue attività, il suo modello di business e la sua struttura attorno al reparto marketing.
Al contrario delle aziende che vengono centrare classicamente sul prodotto, scenario tipico del contesto italiano, in questo approccio gli altri reparti fondano le loro decisioni e azioni sulla base del reparto marketing.
A seguire, nel modello marketing first seguono reparto finanziario, quello che si occupa dei numeri dell’azienda, e infine reparto produttivo, che si occupa dei prodotti e dei servizi.
Secondo la linea di pensiero marketing first, il prodotto stesso nasce dal progetto di marketing e dalla possibilità di posizionarlo nella mente del cliente in modo differenziante rispetto alla concorrenza. Questo conduce a rivolgersi solo a clienti in target che permettono all’azienda di essere snella ed efficiente.
Ma come nell’ambito personale essere snelli ed efficienti non coincide tout court con la salute, così vale lo stesso per le aziende.
Sicuramente sono due aspetti importanti che sono inclusi nella salute, ma l’anello mancante gerarchicamente superiore è proprio la salute in senso più ampio. Nella società della performance, si crede che chi sia più performante stia meglio degli altri.
La salute corrisponde ad uno stato di vitalità, di gioia di vivere, di energia e piacere che necessità la capacità di prendersi cura dei propri bisogni profondi e della costruzione di relazioni autentiche.
Non si dice che la salute viene prima di tutto? A parole si, in pratica è il contrario, messa spesso come ultima ruota del carro.
Diventa importante solo quando la perdi.
Come possiamo definire un’azienda Health first?
L’azienda Health First è qualsiasi impresa, intesa come insieme delle persone che vi appartengono, che cresce e si espande all’interno della sua zona di comfort.
Questo significa rimettere al centro l’umanità al posto della tecnica.
Non significa non essere interessati al profitto. Il profitto è il cibo dell’azienda, e per questo deve essere sano. Un’azienda germoglia e cresce rigogliosa grazie al nutrimento che deriva dal profitto.
Del resto è stato lo stesso OMS (organizzazione mondiale della sanità) a definire la salute uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o di infermità, e considerando la povertà uno stato di malattia.
Come fai a sapere che la tua azienda si trova in Comfort Zone?
Nella mia ricerca, ho individuato degli indicatori, che considero dei KPI nel senso di indicatori psicologici chiave e non di performance, che permettono di monitorare lo stato di benessere dal singolo fino ai sistemi più allargati come le aziende, appunto.
Ho anche creato degli strumenti operativi che permettono di misurare quanto si è dentro o fuori la zona di comfort e ricalibrare in modo scientifico la propria rotta.
Quello che è importante, e che ogni indicatore sottintende, è l’interesse per la soddisfazione dei bisogni della singola persona e del gruppo e non finisce per trattare le persone come macchine di cui bisogna amplificare le prestazioni.
A differenza delle Vanity metrics, quegli indici che servono a pompare il proprio ego, piuttosto che a prendersi cura della propria impresa, come i like, le visualizzazioni o il fatturato, gli Indicatori Psicologici Chiave richiedono un ascolto sincero di come stai veramente, e di conseguenza di entrare in connessione profonda con te stesso e la tua realtà.
Gli indicatori sono:
la familiarità – rappresenta l’affinità e la solidità del team, includendo clienti e fornitori. tutto l’ecosistema è allineato e ognuno è collocato al posto giusto, interagendo con gli altri in modo costruttivo. La comunicazione è aperta e trasparente.
la controllabilità – l’attività è automatizzata e rodata a sufficienza da sentirsi sicura, capace di gestire i rischi, con riduzione di situazioni fuori controllo e imprevisti, che comunque è capace di assorbire senza alterare il consueto flusso lavorativo. Non riguarda solo la gestione dei numeri, ma anche delle relazioni e delle transazioni interne ed esterne. Inoltre c’è un piano di azione chiaro e condiviso e un’identità definita con i suoi confini.
la validità – l’attività agisce con sicurezza dei suoi mezzi e chiarezza del suo valore, contestualizzando correttamente la realtà nella quale si muove e comunicando con assertività la sua identità.
La giocosità – il clima dell’attività è piacevole, favorevole all’espressione della creatività efficace (esiste anche una creatività non efficace 🙂 ). Si respira al suo interno passione, leggerezza e divertimento.
La spaziosità – il ritmo dell’attività è ben scandito e fluido. Non c’è praticamente mai urgenza o fretta e angoscia di non completare le attività. Il lavoro è ben distribuito nel suo carico alla portata di chi lo deve svolgere. C’è sincronia tra reparti e l’energia viene rigenerata e non bruciata.
la mentalità -l’attività ha una visione strategica coordinata in tutte le sue parti che mantiene la capacità di calibrazione rispetto ai cambiamenti del mondo esterno e agli altri indicatori della comfort zone. Ha capacità di vedere e leggere la realtà per quella che è e muoversi di conseguenza per alimentare il suo stato di salute e integrità.
Forse potrà apparire un pò astratto ciò che ho scritto, non so, ma lo spazio di questo articolo non mi permette di parlare con sufficiente chiarezza dei singoli indicatori. Infatti sull’argomento ci ho scritto un libro che uscirà nei prossimi mesi. Tuttavia più che mille parole, spesso e attuare il cambiamento in pratica che rende l’idea.
Ciò che contraddistingue l’utilizzo di questa visione è la costruzione di una cultura aziendale, non importa le dimensioni della stessa, che metta avanti le persone piuttosto che l’interesse utilitaristico. Se la salute è avanti a tutto, non si sacrifica mai per ottenere altro.
Questo conduce a trattare bene le persone, cosa che solitamente, quando accade, non avviene per motivi di interesse verso le persone stesse, ma per renderle più produttive attraverso la manipolazione.
E’ un attimo fare una mission super etica degna della santificazione immediata, per poi nei fatti rappresentare una sorta di nuova guerra santa.
E poi le persone si lamentano di sentirsi sole. Come spesso ho sentito dire sugli imprenditori, come un lavoro solitario e incompreso, dove sei solo contro tutti.
Ciò che ti interessa ora capire è che Health first significa crescere in modo sano e armonico, dando primaria importanza all’aspetto emotivo dei soggetti coinvolti, generando circoli virtuosi, dove il profitto e subordinato alla salute, così come l’utile viene prima del fatturato.
Questo si traduce in un carico di lavoro su misura del personale e dei diversi stili, una divisione di ruoli che valorizzi i talenti e le predisposizioni, collaborazione piuttosto che competizione sia interna che esterna (il che non esclude un sano agonismo sportivo), integrazione, fluidità e flessibilità tra i vari reparti, sintonia e sinergia tra le persone e tanto altro.
Esci da lavoro è stai bene, non sei esaurito o agitato per le cose che ci sono da fare e i problemi da risolvere e le urgenze varie, ma tutto viene affrontato con entusiasmo e serenità. Lavorare non è più una guerra, ti senti al sicuro e desideroso di fare con piacere.
Probabilmente è un processo di costruzione più lento, cauto e orientato alla protezione piuttosto che a diventare padroni del mondo o, peggio, a sopravvivere a stenti bloccati dalla paura, ma evita di fare il passo più lungo della gamba, che è quello che fa fallire molte aziende.
Mi dirai che sarebbe bello ma non è possibile da realizzare, specie in Italia, altrimenti lo avresti già fatto perchè invece la vita ti costringe ad adattarti. Ma se pensi che non si può realizzare, allora non dovresti proprio iniziare a fare niente.
“Siccome non si può costruire un’azienda sana, ne creo una malata”
Ma è la stessa cosa che si può dire se non si conosce (bene) il marketing e che quindi è impossibile costruire un’azienda marketing first. Tant’è che infatti per chi lo conosce bene, proprio per questo decide giustamente di non partire con un progetto che non funzionerebbe.
Per chi non conosce come si fa, tutto è impossibile.
“ma io ho già un’azienda strutturata, ormai è andata…”
c’è sempre tempo per muoversi verso la propria comfort zone, invece che continuare ad andare fuori fino alla deriva.
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La guida per la tua evoluzione comoda. Sono Psicologo-Psicoterapeuta, Trainer-Coach. Ideatore della Strategia Quietmood. Direttore del centro Quietmood di Bologna e direttore della collana BINARIO| libri x evolversi della Dario Flaccovio Editore. Autore del libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE, Flaccovio Editore, 2022
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