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Marketing etico e terapia breve, qual è il legame tra questi due concetti?
Oggi mi è capitata la coincidenza di leggere un articolo di un imprenditore/formatore esperto di vendita che stimo molto, Frank Merenda, nel quale criticava il concetto di VENDITA ETICA divulgato in alcuni corsi di formazione, e qualche ora dopo mi sono imbattuto nella pubblicità di un corso di MARKETING ETICO per lo Psicologo che si teneva a Pescara dal collega Nicola Piccinini.
Nel titolo di questo mio articolo leggi anche TERAPIA BREVE e ti chiederai cosa c’entra con il discorso sul marketing etico.
C’entra, c’entra e ora ti spiego in che senso.
Riprendendo quello che mi sembra essere il concetto principale dell’articolo di Frank Merenda, riguarda il fatto che aggiungere l’aggettivo qualificativo ETICO vicino a VENDITA sarebbe come sottintendere che normalmente la vendita sia una TRUFFA, mentre dovrebbe essere dato per scontato il contrario, ovvero che se c’è un comportamento non etico siamo di fronte ad una VENDITA FATTA MALE.
Per questo motivo l’aggettivo diventa non solo SUPERFLUO ma anche DANNOSO in quanto getta, o meglio alimenta, una distorsione negativa sul concetto di vendita o marketing nonché si associa spesso a delle pratiche che più che etiche sono da “lecchino” o manipolative, per cui il contrario di etiche.
Leggendolo sono rimasto perplesso e ho riflettuto, anche perché si faceva riferimento a diverse categorie dove si dà per scontato il termine ETICO come se fosse ovvio (commercialista, notaio etc.) .
Non dico che mettere un nome davanti sia la soluzione migliore possibile, tutt’altro, ma comunque evidenzia un problema.
Per quanto l’osservazione sia pertinente, bisogna tenere conto che quando la cultura non è pronta, ovvero alcuni concetti sono vittima di pregiudizi costruiti però su FATTI CONCRETI e precedenti comprovati, può diventare purtroppo UTILE distinguere in qualche modo che ciò che si fa non rientra nelle pratiche DEMONIZZATE pur rientrando nella stessa categoria di servizio, ma è qualcosa di diverso.
Ed ecco che entra in ballo l’altro aggettivo: BREVE.
Bene, credo di essere il primo che denuncia il fatto che questo termine sia ormai diventato, almeno ai miei occhi, patetico, ed era un po’ che volevo esprimerlo, ma grazie a questi spunti ho deciso di scriverci sopra oggi.
L’aggettivo BREVE presuppone che esista e sia naturale l’esistenza di una terapia A LUNGO TERMINE, di cui tralaltro quella BREVE sarebbe un’eccezione.
Spesso a BREVE viene di conseguenza associato il fatto che si tratti di un trattamento superficiale. Ed ecco che il gioco è fatto.
Niente di più falso se il processo terapeutico viene condotto secondo precisi criteri. Ma non è questa la sede per parlare dei criteri. Ne parlerò in un successivo articolo.
E’ proprio per questo che ho voluto eliminare dal mio MODELLO TERAPEUTICO il termine BREVE nonostante sia effettivamente, in confronto alle tempistiche classiche, molto breve anche nei casi dove è richiesto un intervento un po’ più esteso nel tempo, la durata è imparagonabilmente più breve.
Se storicamente ha avuto la sua importanza introdurre il termine BREVE a fianco della voce TERAPIA, dal mio punto di vista potrebbe iniziare ad essere un aggettivo obsoleto anche se so che, come per il termine vendita etica, ci vorrà un po’ prima che questo avverrà in quanto stiamo parlando di cambiamenti culturali in un paese conservatore quale è l’Italia.
Non si può più concepire scientificamente né praticamente una terapia A LUNGO TERMINE, quando lunga vuol dire anni senza nessun cambiamento evidenziabile soprattutto in situazioni di sofferenza acuta o comunque di invalidazione stabile. Non è tollerabile.
E’ questo inizia ad essere un dato acquisito sia dalle persone che decidono di rivolgersi verso i servizi psicologici, sia dalla comunità degli psicologi.
Rivolgersi ad un approccio a lungo termine equivarrebbe all’incirca ad accettare di morire di malaria facendo finta che non sia stata ancora inventata la cura.
I paradigmi sono cambiati e parlare di terapia breve mi fa pensare che anche la terapia breve sia una terminologia ormai sorpassata.
Terapia Breve inoltre è un termine limitante perché può far pensare al cambiamento solo in nella chiave della variabile temporale.
Piuttosto il cambiamento segue un processo naturale i cui tempi sono governati da specifici principi che non scattano solo perché ha suonato la campanella.
Forzare i processi naturali è altrettanto deleterio quanto trascurarli.
Tuttavia bisogna dire che che quando si è sulla buona strada i primi piccoli segni di cambiamento DEVONO essere rapidi, ovvero orientativamente entro i primi 5 incontri al massimo (generalizzando senza tener conto di caso per caso).
Se non avvengono entro i primi 5 incontri non vuol dire che non vada bene o sia inutile proseguire, ma semplicemente che ancora non si è imboccata la strada giusta poiché altrimenti qualche segnale si sarebbe dovuto avvertire.
Tornando all’etica, anche in ambito psicologico si sente il peso negativo del termine etico a fianco di marketing.
Verso gli psicologi e l’ambito sanitario è stato applicato un vero è proprio lavaggio del cervello anti-vendita e marketing creando un’immagine della disciplina mortificante e negativa.
Sicuramente l’argomento è complesso e controverso, intanto ho voluto offrire un accenno ad una prospettiva che va a ridefinire la connotazione di alcuni concetti e presupposti che si tendono a dare per scontati come avviene classicamente per i pregiudizi.
In conclusione sarebbe bello se parlando di “MARKETING ETICO” e “TERAPIA BREVE” si suscitasse lo stesso effetto di quando si fà il vecchissimo giochetto dove si chiede “DI CHE COLORE E’ IL CAVALLO BIANCO DI NAPOLEONE?” a cui, ormai straconosciuto, non abbocca più nessuno.
Viceversa bisognerebbe tener conto che è più importante come viene condotto un processo che sia TERAPIA o MARKETING che valutare sulla base dell’uso di termini rassicuranti.
Se vado dal notaio, se è pur lecito aspettarsi onestà rappresentando egli la legge, non vuol dire che si possa permettere di essere disonesto MENO di un VENDITORE, da cui invece ce lo si aspetta e tutto sommato lo si accetta, come la marachella di un mascalzoncello che sia riuscito a beffarsi di noi.
Nello stesso modo in terapia non dovrei aspettarmi che esista una terapia seria e profonda ed una superficiale e sintomatica ma modalità e visioni terapeutiche molto diverse di cui bisognerebbe conoscere gli effettivi risultati prima di parlare.
stay cushy, not pushy !
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La guida per la tua evoluzione comoda. Sono Psicologo-Psicoterapeuta, Trainer-Coach. Ideatore della Strategia Quietmood. Direttore del centro Quietmood di Bologna e direttore della collana BINARIO| libri x evolversi della Dario Flaccovio Editore. Autore del libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE, Flaccovio Editore, 2022
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