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Nel mondo frenetico e ipercompetitivo in cui viviamo, il concetto di pensare in grande è spesso elevato a mantra di successo e realizzazione personale.
Ma cosa succede se questa ossessione per il “grande” nasconde in realtà un terreno fertile per l’insoddisfazione cronica e il burnout?
In questo articolo, voglio accompagnarvi in una riflessione profonda e controintuitiva, in cui esploro le terribili conseguenze di chi pensa in grande senza sosta.
Attraverso aneddoti, riferimenti a pensatori come Paul Watzlawick, e una buona dose di ironia, vi mostrerò perché non sempre la quantità è sinonimo di qualità, e perché la vera crescita personale nasce spesso dal piccolo, dal quotidiano, dal semplice. Pronti a scoprire un nuovo modo di guardare la vostra motivazione e la vostra zona di comfort? Allora iniziamo!
Il mito del pensare in grande: una trappola insidiosa
Sin da giovani, ci viene insegnato a pensare in grande: sognare in grande, agire in grande, puntare in alto. È un consiglio che suona bene, che motiva, che spinge a non accontentarsi di una vita “mediocre”. Eppure, questa spinta può trasformarsi in una vera e propria trappola. Pensare in grande, infatti, non è di per sé negativo, ma quando diventa un’ossessione, rischia di farci perdere di vista ciò che conta davvero.
Il problema nasce quando il pensare in grande si traduce in un continuo rincorrere obiettivi smisurati, senza mai fermarsi ad apprezzare i piccoli passi, le vittorie quotidiane, le soddisfazioni semplici ma autentiche. Questa dinamica genera inevitabilmente insoddisfazione, perché il “grande” è spesso irraggiungibile, o peggio, definito da parametri esterni e non da ciò che realmente ci fa stare bene.
Quantità vs qualità: una distinzione fondamentale
Un punto cruciale su cui riflettere è la differenza tra quantità e qualità. Spesso, chi pensa in grande si concentra sulla quantità: più risultati, più successi, più visibilità. Ma come sottolinea il grande pensatore Paul Watzlawick, la quantità non sempre si traduce in valore reale.
Watzlawick ci offre esempi illuminanti, come quello degli hangar della NASA, enormi strutture costruite per progetti grandiosi che però, a volte, finiscono per essere sprecati o inutilizzati perchè all’incremento delle dimensioni generavano un micro-clima di tempeste e piogge all’interno. Proprio ciò da cui dovevano proteggere i razzi stoccati all’interno.
Questo ci fa capire che non basta pensare in grande per creare qualcosa di veramente significativo.
Il 10X e le sue contraddizioni
Negli ambienti di crescita personale e business, il concetto di “10X” è diventato popolarissimo: moltiplicare per dieci i risultati, puntare a obiettivi dieci volte più grandi. Sembra fantastico, ma nasconde delle contraddizioni pericolose.
Quando ci si focalizza esclusivamente sul “quanto” ottenere, si rischia di perdere di vista il “come” e il “cosa” realmente importante. La fretta di raggiungere grandi traguardi può portare a una motivazione superficiale, basata su stimoli esterni e non su una spinta autentica e intrinseca.
L’importanza del “cosa” e del “come” nel pensare
Non basta quindi pensare in grande: è fondamentale chiedersi cosa vogliamo veramente costruire e come vogliamo farlo. La qualità del progetto, la coerenza con i nostri valori, la modalità con cui gestiamo la nostra energia sono elementi imprescindibili per evitare l’insoddisfazione e il burnout.
Questa urgenza di espressione personale, di ricerca di senso, è un tema che emerge spesso nel mio lavoro e che vi invito a considerare con attenzione. Non è solo una questione di risultati, ma di come quei risultati ci fanno sentire e di come contribuiscono al nostro benessere.
Rischi dello spostamento di attenzione e della mono-ossessione
Uno dei rischi più insidiosi del pensare in grande è lo spostamento continuo dell’attenzione. Quando ci fissiamo su un unico grande obiettivo, possiamo perdere di vista altre aree importanti della nostra vita, creando uno squilibrio che porta a stress, isolamento e insoddisfazione.
La mono-ossessione per grandi progetti può trasformarsi in una prigione mentale. La pressione di dover raggiungere obiettivi enormi spesso si accompagna a una fatica costante, che mina la nostra motivazione e ci allontana dalla gioia di ciò che facciamo.
Stress, pressione e confronto con gli altri
Un altro aspetto che contribuisce all’insoddisfazione è il confronto costante con il successo altrui. Nei social media e nei contesti lavorativi, sembra che tutti stiano facendo cose più grandi e migliori. Questo meccanismo alimenta la sensazione di non essere mai abbastanza e aumenta la pressione interna.
Il risultato? Burnout, senso di isolamento sociale e una motivazione che si esaurisce rapidamente. La crescita personale non può basarsi su questo circolo vizioso.
La gratitudine e il valore delle piccole cose
Come uscire allora da questo tunnel di insoddisfazione? La risposta, sorprendentemente, sta nel piccolo. Coltivare gratitudine per le piccole cose, apprezzare i momenti di calma, riconoscere i progressi anche minimi sono pratiche fondamentali per ritrovare equilibrio e motivazione autentica.
La vera crescita nasce dall’interno della nostra zona di comfort, non dalla fuga continua verso obiettivi irraggiungibili. È una crescita che si costruisce passo dopo passo, con pazienza e amore verso se stessi.
Motivazione intrinseca e prevenzione del burnout
Una motivazione genuina nasce da dentro, non da stimoli esterni o da pressioni sociali. Quando impariamo a riconoscere e coltivare questa motivazione intrinseca, diminuisce il rischio di burnout e aumenta la nostra capacità di affrontare le sfide con serenità.
Il segreto è ascoltare se stessi, rispettare i propri tempi e non lasciarsi ingannare dalla falsa promessa che solo il “grande” possa portarci felicità.
Come gestire la pressione nei luoghi di lavoro e nella vita quotidiana
La pressione di dover sempre pensare in grande si manifesta spesso anche nei contesti lavorativi, dove la cultura del risultato può diventare opprimente. Procrastinazione, ansia e senso di inadeguatezza sono segnali che non vanno ignorati.
Imparare a gestire queste pressioni significa anche saper mettere dei limiti, riconoscere i propri limiti e valorizzare gli obiettivi realistici e sostenibili. Solo così possiamo evitare di cadere nella trappola dell’insoddisfazione cronica.
Conclusioni: dal piccolo nasce il grande
Per concludere, voglio lasciarvi con un messaggio che considero fondamentale: dal piccolo nasce il grande. Non serve inseguire ossessivamente grandi progetti per non vivere una vita mediocre. Anzi, spesso è proprio il contrario: il pensare in grande può essere un modo per deprimersi senza costruire davvero nulla che ci porti gioia.
Vi invito a riscoprire il valore delle piccole cose, a coltivare la gratitudine, a restare fedeli a ciò che siete davvero. La vera evoluzione personale nasce dall’interno della vostra zona di comfort e si manifesta con una crescita lenta, autentica e appagante.
Ricordate sempre il mio motto: “stay cushy, not pushy”. Restate morbidi, non spingetevi oltre i vostri limiti senza rispetto. Solo così potrete evitare l’insoddisfazione e costruire una vita che vale davvero la pena di essere vissuta.
Risorse consigliate per approfondire
- “Di Bene in Peggio“ di Paul Watzlawick – un libro che esplora la complessità del pensiero umano e le sue contraddizioni (link affiliazione amazon)
- Quiz di verifica sull’episodio – per mettere alla prova la tua comprensione e riflessione su questi temi.
- Call gratuita con il Dr Emilio Gerboni – per un confronto personale e consigli pratici.
- Il mio libro “La vita inizia nella comfort zone” – per approfondire il concetto di zona di comfort e crescita autentica.
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Stay cushy, not pushy!
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La guida per la tua evoluzione comoda. Sono Psicologo-Psicoterapeuta, Trainer-Coach. Ideatore della Strategia Quietmood. Direttore del centro Quietmood di Bologna e direttore della collana BINARIO| libri x evolversi della Dario Flaccovio Editore. Autore del libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE, Flaccovio Editore, 2022
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