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I rifiuti sono le ferite emotive a cui andiamo incontro più di frequente nella vita di tutti i giorni. Una volta il nostro rischio di venire respinti era limitato alla nostra cerchia sociale più stretta e agli appuntamenti.
Oggi, grazie alla comunicazione elettronica, ai social media, alle app per appuntamenti, ciascuno di noi è connesso con migliaia di persone, ciascuna delle quali può ignorare i nostri post, i nostri messaggi o il nostro profilo, facendoci sentire rifiutati.
In aggiunta a questo tipo di rifiuti, che potremmo definire “minori”, continuiamo ad essere vulnerabili a venire respinti in circostanze più serie e devastanti.
Quando il nostro coniuge ci lascia, quando veniamo licenziati, snobbati dagli amici, ostracizzati dalla famiglia ed emarginati dalla comunità per le nostre scelte di vita, il dolore che proviamo può essere del tutto paralizzante.
Che il rifiuto a cui andiamo incontro sia grande o piccolo, rimane una costante:
venire respinti fa sempre più male di quanto ci aspettiamo.
La domana è: perchè?
Perchè siamo così infastiditi quando un buon amico non mette mi piace ad una foto di famiglia che abbiamo postato su facebook? Perchè un fatto del genere ha il potere di rovinare il nostro umore, farci sentire arrabbiati con il nostro amico e male con noi stessi?
Il danno più grande inflitto dal rifiuto è quello che siamo noi stessi a causare. Proprio quando la nostra autostima viene colpita duramente, la danneggiamo ancora di più.
La risposta è la seguente:
il nostro cervello è “ cablato” in modo da rispondere proprio in questo modo.
Uno studio condotto utilizzando macchine per la risonanza magnetica ha prodotto risultati straordinari:
quando alle persone soggetto dell’esperimento veniva chiesto di richiamare alla memoria un rifiuto a cui erano andati incontro di recente, le aree del cervello che si attivavano erano le stesse del dolore fisico.
Ecco allora perchè anche i piccoli rifiuti fanno più male di quello che ci aspettiamo: venire respinti sollecita letteralmente il dolore (sebbene si tratti sempre di sofferenza emotiva).
Ma perchè il nostro cervello è fatto in questa maniera?
Gli psicologi evoluzionisti ritengono che tutto sia iniziato quando eravamo cacciatori – raccoglitori e vivevamo in tribù.
Siccome sopravvivere da soli era impensabile, venire emarginati dal nostro “ gruppo” significava andare incontro ad una sentenza di morte.
In conseguenza di ciò, abbiamo sviluppato un meccanismo di “avviso anticipato” che ci metteva in allerta quando correvamo il pericolo di venire “cacciati via” dagli altri membri della nostra tribù: la sensazione di rifiuto, appunto.
Le persone che soffrivano maggiormente il rifiuto, erano anche quelle che più facilmente modificavano il proprio comportamento e riuscivano a rimanere nella tribù, sopravvivendo per tramandare i loro geni
Il dolore emotivo è solo uno dei modi in cui il rifiuto inficia il nostro benessere.
Sentirsi respinti peggiora il nostro umore e danneggia la nostra autostima, alimenta rabbia ed aggressività e destabilizza il nostro bisogno di appartenenza.
Sfortunatamente il danno maggiore causato dal rifiuto è in genere autoinflitto.
Infatti la risposta naturale al venire “scaricati” da un partner o all’essere l’ultima scelta della squadra di calcetto, è quella di diventare molto critici nei confronti di noi stessi.
Ci insultiamo, ci rammarichiamo per i nostri difetti e siamo disgustati da noi stessi.
In altre parole, nel momento in cui la nostra autostima è ferita, la danneggiamo ancora di più.
Comportarsi in questo modo non è sano emotivamente ed è distruttivo dal punto di vista psicologico, eppure ciascuno di noi ha agito così almeno una volta.
La buona notizia è che ci sono metodi migliori di affrontare il rifiuto e modalità per mettere a freno le risposte meno sane, lenire il nostro dolore emotivo e ricostruire la nostra autostima. Eccone alcune:
Avere “ tolleranza zero” per l’autocritica
Per quanto possa essere allettante fare una lista delle nostre colpe dopo essere stati respinti, e per quanto possa sembrare naturale rimproverarsi perciò che abbiamo fatto di “sbagliato”, non fatelo!
Certo, è giusto esaminare ciò che è successo e considerare ciò che si può agire diversamente in futuro, ma non c‘è nessuna buona ragione per essere punitivi o critici nei confronti di sè stessi mentre lo si fa. Pensare:
“ Probabilmente dovrei evitare di parlare del mio ex al prossimo primo appuntamento” va bene, al contrario dirsi “ Sono proprio un perdente” non è sano.
Un altro errore piuttosto comune consiste nell’assumere che il rifiuto sia personale quando non lo è.
La maggior parte dei rifiuti, che siano romantici, professionali o sociali, sono dovuti alla convenienza e alle circostanze.
Spulciare tutte le nostre mancanze nel tentativo di capire cosa non ha funzionato non solo è superfluo, ma è anche fuorviante.
Rinvigorire l’ autostima
Quando a venire colpita è l’autostima, è importante ricordarsi di ciò che si ha da offrire ( invece di fare un elenco dei propri difetti).
Il miglior modo per aumentare la stima di sé è quello di affermare il proprio valore.
Un metodo efficace consiste nel fare una lista di cinque qualità importanti e/o significative che possiedi:
cos’è che ti rende un buon compagno in una relazione ( es: sono una persona capace di dare sostegno, sono emotivamente disponibile ecc…), o un buon amico (es sono leale, sono un buon ascoltatore ecc…), o un buon impiegato (es: sono responsabile, sono onesto ecc…).
Dopodiché scegline una e scrivi un breve paragrafo (scrivi per davvero, non farlo solo nella tua testa! ) sul perché la dote da te scelta è importante per le altre persone e in che modo la esprimeresti in una situazione pertinente. Fare “primo soccorso emotivo” in questa maniera migliorerà la tua autostima, ridurrà il tuo dolore emotivo e ti ridarà la fiducia in te stesso necessaria ad andare avanti.
Coltiva sentimenti di connessione sociale
In quanto animali sociali, noi esseri umani abbiamo bisogno di sentirci benvoluti e apprezzati all’interno dei vari “gruppi sociali ” di cui facciamo parte.
Ricevere un rifiuto destabilizza il nostro bisogno di appartenenza, lasciandoci turbati e “senza legami”.
In questa circostanza abbiamo bisogno di ricordarci che siamo amati e apprezzati, in maniera da sentirci connessi agli altri.
Se i tuoi colleghi di lavoro non ti invitano ad andare a pranzare con loro, fatti un drink con i membri della tua squadra di softball.
Se tuo figlio viene rifiutato da un amico, fa in modo che si veda con un bambino diverso il prima possibile. E quando il ragazzo/a con cui sei uscito/a non risponde ai tuoi messaggi, fai una telefonata ai tuoi nonni, per ricordarti che anche solo il suono della tua voce può dare gioia agli altri.
Affrontare un rifiuto non è mai semplice, ma sapere come limitarne i danni psicologici e come ricostruire la propria autostima aiuta a riprendersi il prima possibile e ad andare avanti con la giusta fiducia in sé stessi, pronti per un nuovo appuntamento o una nuova occasione sociale.
Nel mio libro “LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE – realizza quello che vuoi nel modo più comodo e naturale per te”, spiego come il rifiuto sia inevitabile nella vita, è sulla base della legge di inevitabilità da me formulata, più si cerca di evitarlo più si sarà vulnerabili e si svilupperanno altri problemi paralleli.
Essere a proprio agio con il rifiuto permette di utilizzarlo in modo costruttivo per la propria evoluzione comoda, riducendone gradualmente la presenza e l’intensità.
[traduzione e adattamento dell’articolo dello psicologo Guy Winch autore di Emotional First Aid: Healing Rejection, Guilt, Failure, and Other Everyday Hurts
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La guida per la tua evoluzione comoda. Sono Psicologo-Psicoterapeuta, Trainer-Coach. Ideatore della Strategia Quietmood. Direttore del centro Quietmood di Bologna e direttore della collana BINARIO| libri x evolversi della Dario Flaccovio Editore. Autore del libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE, Flaccovio Editore, 2022
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