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Il Personal branding è un concetto ormai divenuto di uso comune. Più o meno tutti comprendono intuitivamente a cosa ci si riferisce con questa espressione.
Personal branding significa fare di se stessi un brand, un marchio, in modo da aumentare la propria autorevolezza, rispetto al proprio pubblico di riferimento ed incrementare le vendite, alzare i prezzi e consolidare la fidelizzazione dei clienti.
Questo attraverso la costruzione di una immagine di sè che comunichi il proprio valore e la propria differenza sul mercato.
Il personal branding rappresenta il tuo posizionamento personale rispetto ai tuoi interlocutori.
Rappresenta il modo in cui vieni percepito, quanto è magnetica e attraente la tua immagine agli occhi del tuo pubblico.
Quali emozioni suscita la tua presenza? A quali bisogni viene associata? In quali circostanze appari nella mente del tuo cliente e di tutte le persone nella tua vita?
Forse credi che fare personal branding sia un’opzione di lusso, da prendere in considerazione solo se vuoi fare il figo/a, se vuoi essere il frontman della tua attività, altrimenti è inutile.
Non è così.
Questo perchè il personal branding è inevitabile.
Se non lo fai tu, lo fanno gli altri. Tanto vale che te lo fai tu, nel limite del possibile.
Per farti un esempio buffo, fin dalle medie, io ho sempre optato per scegliermi da solo un soprannome, in modo che non fossero i miei amici a sceglierne uno che non mi piacesse e fosse svalutante.
Del resto è risaputo quanto gli adolescenti possano essere ….ehm…. bastardi 🙂 Io stesso lo ero. Non davo certo un soprannome ad un mio amico pensando:
“adesso cerco un nome vincente che ti renda più popolare e incrementi la tua autorevolezza”
La mia ricerca del soprannome del mio amico era basata sulla logica:
“cosa farebbe ridere di più me e tutti gli altri amici?”
Abbiamo detto che il personal branding è un processo.
Questo significa che è una sequenza di azioni che convergono nella creazione di un’immagine di sè che poi viene comunicata.
Così come il processo, ad esempio, di creare un bel giardino.
Se lasci un terreno a se stesso nasceranno solo erbacce.
Il branding di un’azienda si attua attraverso le pratiche che appartengono al posizionamento, il cosiddetto Brand Positioning.
Il processo si fonda sull’analisi del mercato e dei competitor al fine di differenziare il proprio prodotto e/o servizio ed entrare in una nicchia, cercando di occupare la posizione più realistica ed efficace per far andare al meglio l’azienda (se possibile essere il leader).
La ricerca del proprio personal branding dovrebbe affondare le radici su chi sei veramente, sulla tua personalità. Non sulla scelta di ciò che può funzionare di più e cercare di diventare o scimmiottare quella persona che piace.
Nemmeno sul diventare una caricatura di se stessi.
Il personal branding, senza un lavoro psicologico alle spalle, rischia di essere un’arma a doppio taglio.
Seppure nella più rosea delle ipotesi il tuo personal branding risulti vincente rispetto al mercato, il rischio è quello di ritrovarti intrappolato in un personaggio.
Un personaggio che mantiene vivi eventuali disturbi psicologici, aspetti problematici che ti portano a malessere e guastano la tua vita.
Creare una personalità falsa è la strategia maestra di sopravvivenza del bambino che sente di non essere accettato così com’è.
Il tuo Sè bambino potrebbe aver appreso e interpretato, dalle sue esperienze in famiglia e nell’ambiente in generale, che come è “realmente” non sarà mai amato, non sarà mai accettato.
Di conseguenza, l’unica strada possibile, sarà quella di imparare come aderire alle aspettative e ai desideri degli altri per essere approvati, apprezzati, ricercati e, infine, amati.
E così, chi più chi meno, ti allontani da te stesso per diventare qualcosa che non sei. E poi ci fai anche personal branding sopra…. come dire, una personalità falsa al quadrato, il perfezionamento e affinamento della tua personalità falsa.
Questo è uno dei casi in cui il successo è uno dei risultati peggiori che puoi ottenere.
Purtroppo capita che chi non ha successo nel costruire una personalità falsa, semplicemente sente di aver sbagliato nell’aver costruito una personalità falsa. E così cerca modi di costruirne una da vincente, da campione, da essere affascinante etc. etc.
Cerca di emulare coloro che ai suoi occhi ottengono ciò che lui invece non ottiene:
Approvazione, popolarità, successo commerciale etc.
Comunque dicevamo che il processo del personal branding avviene da sè.
Il tuo personal branding viene modellato automaticamente nel rapporto con i tuoi affetti, i tuoi clienti, e tutte le persone che girano nel tuo mondo da cui ricevi feedback diretti o indiretti su come loro vedono te.
In famiglia da piccoli, ti può essere capitato che un fratello o sorella avesse il posto del figlio intelligente, mentre a te è toccato quello del figlio deficiente, oppure quello della pecora nera, perchè quello del figlio bravo era stato occupato.
Oggi i problemi nella costruzione della propria identità, soprattutto per i giovani, sono diventati ancora più grandi.
Riuscire ad individuarti in un mondo liquido e fluido, dove tutto viene appiattito, non è impresa facile. E’ più facile sentirsi invisibili, anonimi, confusi e privi di consistenza.
Un mondo che facilita la costruzione di personalità fragili che impedisce di far uscire la propria unicità.
Ed è questo un termine cruciale: unicità.
Il modo migliore di fare personal branding, è far uscire fuori la propria unicità, a prescindere che sia “bella” o “brutta”, perchè è l’unicità che funziona.
Ma l’unicità funziona solo in un caso:
che tu apprezzi genuinamente chi sei e non l’immagine di chi vorresti o dovresti essere, e ti disprezzi se questa non combacia con chi sei.
Quando iniziai a fare consulenza psicologica, avevo l’angoscia di dover essere “professionale”, estremamente serioso, e tutte quelle aspettative che si attribuiscono allo stereotipo del professionista specie se psicologo.
Il mio timore era che le persone sarebbero scappate e mi avrebbero frainteso se avessi mostrato la mia personalità.
Ma, molto presto, mi resi conto che non sarebbe stato per me sostenibile “spegnere” la mia indole per tante ore di lavoro, per assumere una facciata che non mi apparteneva, tra cui l’essere costantemente formale.
Ne venivo castrato tanto quanto ne veniva castrato il piacere di lavorare.
Così mi dissi:
“Meglio rischiare di fare la fame, che non poter essere me stesso, se me stesso deve morire di fame, che muoia pure, ma io esprimerò chi sono”
Da allora iniziai gradualmente a mostrare (in modo strategico), aspetti di me abbastanza fuori dagli schemi rispetto a quelli attribuiti al professionista psicologo, come ad esempio introdurre in modo, poi divenuto massiccio, la mia comicità demenziale. E da questo che è nato il mio stile operativo che ho definito psicomicità.
A dispetto delle mie aspettative catastrofiche, la cosa venne invece molto apprezzata, le risposte furono molto positive.
Chiaramente, non di tutti, ma solo di chi risuonava con me, facilitando anche l’acquisizione di clienti con cui io lavoro meglio, con più piacere reciproco. Con cui la collaborazione viene più naturale e comoda.
Tutto questo si raggiunge attraverso un lavoro di grande accoglienza, consapevolezza e accettazione di sè.
Il processo del personal branding “commerciale” deve pertanto passare prima per un lavoro psicologico, che ti mette in contatto profondo con la tua storia personale, e di conoscenza e padronanza delle parti di te che solitamente vengono subite.
Questo ti permette di raggiungere quella che viene definita integrazione della personalità.
Questo processo di integrazione include l’acquisizione di competenze collegate alle caratteristiche e attributi evidenziati, che andranno a valorizzare e nutrire gli aspetti acerbi di te. Quegli aspetti lasciati nell’ombra o nello sgabuzzino della mente e non sufficientemente “educati” e maturi.
Se, ad esempio, valutassi di avere un talento per il canto, non dovresti forse addestrarlo attraverso lo studio del canto e della musica? Lasciarlo a se stesso non basterebbe.
Per continuare il mio esempio personale, una volta accettata la mia parte demenziale, ho iniziato a studiare comicità, stand up Comedy. Ho integrato questi apprendimenti con i miei studi sulla comunicazione e la psicologia per renderla funzionale al contesto e ai fini della mia attività.
E ovviamente, come ogni professionista che si rispetti, affino continuamente la ricerca, lo studio e la pratica di tale caratteristica e abilità (ma anche delle altre).
Un processo inside-out insomma.
Senza questo tipo di lavoro sarà molto difficile, se non impossibile, comunicare il tuo personal branding in pieno agio.
Se il personal branding è una strategia di comunicazione esterna di sè, costruita a fini commerciali, non può certo che partire da te, da chi sei, per poi studiare e dare forma ad una comunicazione che veicoli nel migliore dei modi chi sei, rispetto al contesto della tua attività.
Questa comunicazione dovrebbe mettere in risalto gli aspetti differenzianti, che sono funzionali a farti raggiungere i risultati desiderati, come attrarre i clienti più in sintonia con ciò che proponi o acquisire valore rispetto a quella fetta di pubblico che ha bisogno di ciò che offri ed è felice di essere servita da te.
Lavorare bene ottenendo risultati, con piacere e senza sentirti ingabbiato in un personaggio che ti sta stretto e scomodo.
Solo così potrai accedere al tuo messaggio profondo, che poi potrai comunicare attraverso il tuo personal branding e che, a sua volta, fungerà da bussola per la costruzione della tua comunicazione, dello storytelling, e della tua relazione con i clienti attuali e potenziali.
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La guida per la tua evoluzione comoda. Sono Psicologo-Psicoterapeuta, Trainer-Coach. Ideatore della Strategia Quietmood. Direttore del centro Quietmood di Bologna e direttore della collana BINARIO| libri x evolversi della Dario Flaccovio Editore. Autore del libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE, Flaccovio Editore, 2022
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