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Ancora non è iniziato questo articolo sulla stanchezza e già mi sento stanco. Sarà che parlare di stanchezza è contagioso proprio come sbadigliare, e quindi ecco perché.
Forse è perché io sono troppo sexy per lavorare, come dice la T-shirt che indosso oggi, che esprime chiaramente questa verità.
Potrebbe essere che siccome dovrei lavorare scrivendo questo articolo, mi sto ribellando; il corpo si sta ribellando. Mah… può essere.
Comunque, cerchiamo di parlare di stanchezza, questa dimensione così pervasiva della nostra società e che sta diventando anche in molti casi una condizione cronica. Cerchiamo di farlo in maniera un po’ controintuitiva.
La Stanchezza e la Libertà
Vorrei iniziare partendo con un brano tratto dal libro “Hanno tutti ragione”, libro cult di Paolo Sorrentino, almeno per me. È un estratto dove parla della stanchezza attraverso le parole del protagonista Tony Pagoda:
“Ragazzi, la stanchezza. La stanchezza è la migliore amica della libertà. Uno passa la vita a credere che la volontà, l’applicazione, la determinazione di carattere ti possano avvicinare alla libertà. Manco per il cazzo. Solo la stanchezza ti porta in quella famosa stanza senza pareti, la libertà. Solo stanco di tutto puoi finalmente dire: No, non vengo, non partecipo, No, no, e ancora no. La libertà è dire sempre no.”
Devo dire che questo pezzo è molto liberatorio, veramente. Come esprime più bello dire basta, no, non ce la faccio più. Questa liberazione arriva solo dalla stanchezza, un po’ come cantava anche Caparezza in uno dei suoi brani che l’ha reso celebre: “Voglio uscire dal tunnel del divertimento”.
Era un po’ anche quello il concetto che voleva esprimere il cantante: uscire da questi schemi sociali che ci imprigionano e ci portano a fare cose che in realtà non ci danno quello che dovrebbero dare. Quindi, nel caso del divertimento, l’ultima cosa che sperimentiamo molte volte è il divertimento stesso, facendo cose che ci dovrebbero divertire. E magari proprio quando non te lo aspetti ti diverti, uno perché non sei obbligato a divertirti.
Schemi sociali e libertà
Quindi questo obbligo, questo “sii spontaneo”, quando dobbiamo essere spontanei e provare determinate emozioni, va a bloccare proprio la possibilità di sperimentare determinati stati nelle feste comandate: Capodanno, Ferragosto e così via. Quando dobbiamo fare festa per forza e non quando ci viene, perché è un momento in cui ci sentiamo festosi. Poi è chiaro che sugli stati d’animo ne parleremo sicuramente in altri articoli; però sicuramente il dover essere felici, il dover essere allegri, il dover essere divertiti ci inibisce.
Quindi, come avrai capito, noi stiamo cercando, invece di seguire la scia di Tony Pagoda, di parlare della stanchezza nei termini di alleato. Cioè, la stanchezza è il miglior alleato per la tua evoluzione comoda se l’ascolti correttamente. Come si fa a trasformare la stanchezza nel nostro alleato principale? Sostanzialmente non bisogna ostacolarla; bisogna ascoltarla.
Tipologie di Stanchezza
Dobbiamo distinguere due tipologie di stanchezza. Da una parte abbiamo la stanchezza da sopportazione, che è quella che solitamente dici:
“Madonna, come sono stanco! Non posso fare, non riesco a fare quelle robe che devo fare“.
Quindi appunto devo andare alla festa; anche alla festa sono stanco e non ho voglia di andarci. Dico: “Ma perché sono stanco? Non sono energico e non ce l’ho”. Questa è una stanchezza di cui noi ci vorremmo liberare per poter fare delle cose che apparentemente vorremmo fare.
Dall’altra parte ci sono cose che vorremmo fare ma siamo stanchi per farle. Probabilmente, anche in quel caso lì ci sono delle cose che dovremmo esplorare.
La stanchezza da sopportazione è in realtà derivata dai nostri rincorsi, consci e inconsci, di anestetizzarci, di non sentire dei segnali di disturbo che provengono dalle situazioni che stiamo vivendo; quindi dal cercare di non sentire. E quando cerchiamo di non sentire, chiaramente ci stiamo stancando; stiamo investendo delle energie come se mettessimo una diga che impedisse di far arrivare dei flussi di sensibilità azioni a noi.
Stiamo investendo tante energie e ci stiamo sottoponendo all’esposizione a situazioni che evidentemente invece di essere nutrienti sono vampireizzanti per il nostro organismo.
D’altro canto, il soggio della sofferenza è un soggio di sofferenza. Questa è la stanchezza da sopportazione, che ci dovrebbe indicare che stiamo alzando troppo la soglia di tolleranza su tutto ciò che invece dovremmo sentire, per evitare altri sintomi.
La Stanchezza da Liberazione
Abbassare la nostra soglia di tolleranza ci porta alla seconda tipologia di stanchezza: quella da liberazione. Cioè quando ci rendiamo conto che di una cosa non ne possiamo proprio più, di una cosa che non ci va bene. Siamo pronti a fare quel cambiamento che ci farà bene e siamo disposti a mollare tutto quello che prima, per una ragione o per l’altra, avevamo paura di perdere.
Arriviamo al punto in cui l’unica cosa che ci preoccupa è quella di non stare più in quella situazione lì e quindi non si accettano più compromessi. È quella forza devastante della stanchezza priva di compromessi; cioè non gliene frega niente di fare compromessi con le situazioni in cui vivi perché sei praticamente incorruttibile.
Arrivato a un certo punto di stanchezza legato a una bassa tolleranza o comunque al raggiungimento della soglia di tolleranza di determinate situazioni in cui finalmente molto spesso esce fuori la nostra spontaneità.
Spontaneità della quale molte volte abbiamo paura ed è proprio per questo che cerchiamo di alzare la soglia di tolleranza. È chiaro che a volte è una profezia che si avvera perché più tolleriamo e più ci carichiamo; più ci carichiamo e più è facile che poi reagiamo in maniera esplosiva. Quindi è chiaro che le energie vanno comunque canalizzate; stiamo parlando proprio di un’economia delle nostre energie che ci può portare a muoverci meglio, ad essere più vitali ed energici viceversa.
Economia delle Energie
Essere poveri energeticamente e concludere poco nonostante tutti gli sforzi, anche lo sforzo fisico, che facciamo è una situazione abbastanza comune:
spremersi senza poi raccogliere.
Questo è uno degli elementi importanti legati a questo discorso qui. Un concetto importante è avvicinarsi verso un sentire che però richiede poi degli strumenti per poter reagire adeguatamente.
Se mi devo mettere in condizione di poter sentire delle sensazioni sgradevoli, devo poi avere gli strumenti per gestire queste sensazioni in modo tale che invece di travolgermi mi portino ad agire nel modo migliore per me. Se ho il gesso, il gesso serve proprio per non sentire; per non andare a sbattere la testa e sinistra. È chiaro che se l’osso non si è ripristinato e quindi una botta mi provocherebbe un danno, preferisco non sentire.
In questo caso è giusta una fase di anestesia rispetto alle sensazioni anche della pelle; anche quelle piacevoli. È chiaro però che se qualcuno mi vuole fare una carezza al braccio non me la può fare perché c’è il gesso. Puoi scrivere sul gesso; ci scrivi il nome oppure disegni un pene. Solitamente i maschi disegnano i peni sui gessi; o almeno a me era capitato questo: quando mi ero messo il gesso avevo un sacco di peni disegnati sul gesso.
Forzare la Vitalità
Tornando al nostro discorso principale: è chiaro che essere energici e vitali è bello; però cercare di forzare una dimensione di vitalità dopandosi quando la realtà dovrebbe essere quella di essere stanchi non è il massimo della vita.
È chiaro che nella nostra società molti disturbi – lo spettro della maggior parte dei disturbi – è proprio legato a questa tendenza di forzare le nostre energie e di essere sempre più performanti…. Abbiamo il burn out, abbiamo l’ADHD, abbiamo la depressione: perché la depressione è appunto il fatto di esaurirsi; quindi l’esaurimento conduce poi a condizioni depressive in cui vorremmo fare tanto ma non riusciamo a fare proprio perché è impossibile fare tutto ciò che il mondo si aspetta da noi e quindi schiantiamo al suolo.
Questa è una modalità disfunzionale nel combattere la stanchezza; porta proprio ad essere iper-stanchi. Altri modi disfunzionali per combattere la stanchezza sono collegati agli aspetti ormonali neurologici: quando pensiamo alla dopamina o al cortisolo. Sono studi importanti quelli legati a regolare gli ormoni; d’accordissimo. Va bene.
Però il rischio è che questo tentativo di intervenire su e hackerare i nostri ormoni ci porti a voler stare in determinate situazioni tossiche per noi; quindi mi prendo lo psicofarmaco per stare in una situazione dalla quale dovrei fuggire. Dobbiamo distinguere le situazioni da cui fuggire quando in realtà sono situazioni buone dove dovremmo acquisire maggiore capacità e abilità – da quelle tossiche dalle quali dovremmo andare via.
Come potrebbe essere lavorare a Chernobyl dove è radioattivo? Non devi essere forte per stare a Chernobyl; devi andare via da un posto intossicato letteralmente. L’incapacità di distinguere una situazione tossica ti fa rimanere lì. Infatti spesso è proprio il dubbio a pervadere le persone: sentirsi in difetto e non riuscire a leggere la situazione.
Gaslighting e Responsabilità
Questo è tipico del gaslighting, dove la responsabilità viene rimandata alla persona. Ricordiamoci sempre del gaslighting: a livello sociale viene chiamato propaganda o condizionamento sociale; tende a comunicare e influenzare mandando messaggi che attribuiscono un eccesso di responsabilità al soggetto per responsabilizzarsi del contributo negativo attribuito all’azienda, alla società o allo Stato.
Non parliamo di uno scaricabarile reciproco ma piuttosto di dare la giusta responsabilità.
Resilienza – un termine abusato e strumentalizzato
Ti faccio un esempio: termini come resilienza vengono strumentalizzati come retoriche per minimizzare da una parte i segnali che senti quindi anche la puntata sulla minimizzazione dei segnali – oltre a quella sul chiedere aiuto sono importanti da rivedere.
Un modo per dire le cose potrebbe essere: “Dovresti sentire? Non sentirti male! Non ti devi lamentare della spossatezza! Devi stare in situazioni insopportabili! Alza la tua soglia di tolleranza e sopporta” – mentre invece ti sta dicendo che quella situazione non va bene per te e richiederebbe un’azione antagonista; una disobbedienza e non un’obbedienza a quella situazione lì.
Chiaramente sempre fatta in modo abile. Questo significa rendersi conto che in una data situazione non ci puoi fare niente; però almeno non ti attribuisci la colpa o la responsabilità se le things non funzionano e se il problema sia tu in quella determinata situazione lì.
Uscire dalle situazioni tossiche
È chiaro però che per leggere adeguatamente la situazione bisogna vedere dove ci si trova; questo è il punto. È evidente come molte persone si costringano a stare in situazioni dove non gli piacciono semplicemente: non condividono valori o principi o filosofie; c’è un adattamento forzato a situazioni subite.
Se subisco una situazione e devo essere resiliente nel senso di subire in silenzio quella situazione – quindi non sono attivo e non sto reagendo in maniera da gestire al meglio – chiaro là non parliamo più di resilienza in termini sani ma alimentiamo una condizione da vittima e fragilità.
Molte volte le persone si attribuiscono responsabilità importanti da caricare su sé stessi mentre continuano a farlo perché si sentono forti nel caricarsi tutto addosso: “Io sopporto le cose”! Continuo ad andare avanti nonostante tutti questi macigni e tutti questi fardelli!
La cosa da fare è facilitare l’arrivo del punto di saturazione; ti porta proprio a muoverti nella direzione d’uscita da situazioni disfunzionali o tossiche – come piace dire oggi – ma questo non implica necessariamente trovare subito situazioni fantastiche e funzionali.
Però intanto ho tolto quello che non va bene! Se prepariamo il terreno affinché ci sia un passaggio armonico da una situazione scomoda a una comoda possiamo raggiungere l’optimum! Ricordiamoci però che invece d’aspettare una situazione migliore dove andare prima bisogna mettersi al sicuro ed uscire da situazioni dannose per noi.
Quindi comunque sgradevoli o noiose o ciò che sia – qualsiasi cosa sia ingiusta o poco calzante per come siamo – sicuramente ci toglie un fastidio e dall’altra parte crea lo spazio affinché possano arrivare cose buone.
Se dobbiamo essere pronti senza prontezza rischiamo d’incorrere nel ricrearsi direttamente d’altre situazioni non buone! Quindi per questo il sentire va abbinato all’acquisizione della capacità relazionale!
Conclusione
Ti ricordo quindi di facilitare il processo della stanchezza da liberazione e ridurre quella da sopportazione! Questa è la via per migliorare la nostra vita.
Stay cushy, not pushy!
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La guida per la tua evoluzione comoda. Sono Psicologo-Psicoterapeuta, Trainer-Coach. Ideatore della Strategia Quietmood. Direttore del centro Quietmood di Bologna e direttore della collana BINARIO| libri x evolversi della Dario Flaccovio Editore. Autore del libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE, Flaccovio Editore, 2022
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